DE-SCRITTI: DUE IN UNO. UNA PATRIA, DUE AZIONI, UNA VITA O UNA
DOPPIA VITA?
DUE IN UNO
di Sayed Kashua
Titolo: Due in uno
Autore: Sayed Kashua
Pagine: 352
Editore: Neri Pozza
Cominciamo
con una frase.
«Ti ho aspettato e non sei venuto. Spero che
vada tutto bene. Volevo ringraziarti per la notte scorsa, è stata meravigliosa.
Mi chiami domani?».
Cosa fareste voi, se trovaste un foglietto con
sopra scritta una frase del genere, per di più con la grafia di vostra moglie?
Questa
frase è l’espediente narrativo su cui ruota una mia piacevole scoperta
bibliografica: il romanzo Due in Uno di
Sayed Kashua, edito da Neri Pozza nella collana Bloom.
Meglio
però precisare una cosa: dietro non c’è solo una storia di gelosia, ma un’architettura
dell’intreccio e del intrigo direi eccellente, sorprendente, curiosa,
avvolgente.
La
trama del romanzo si dipana lungo due binari; le due parti della storia sono
scandite da un punto di vista narrativo diametralmente opposto.
Interessante
anche la scelta del titolo di ogni paragrafo: sostantivi, verbi, località,
oggetti, spezzoni di frasi.
Tutti
si ritrovano nel testo del paragrafo cui si riferiscono, messi lì quasi fossero
un pro memoria, ma che secondo me hanno un significato nascosto che sarebbe
bello indagare.
Di
cosa parla, allora, Due in uno?
Da
una parte, c’è la figura di un avvocato arabo in carriera, residente a Beit
Safafa (il quartiere più ricco di Gerusalemme) il quale conduce una vita
agiata, da protagonista, con una famiglia felice. Il suo unico cruccio è una
scarsa cultura, e per ovviare a questa pecca e non sentirsi inferiore alle
proprie frequentazioni sociali, egli acquista periodicamente libri consigliati
da Ha’aretz, rivista di
settore.
Tra questi suoi acquisti, un giorno gli capita tra
le mani una copia gualcita de La Sonata a Kreutzer di Tolstoj. Sua
moglie, un giorno, glielo aveva nominato, senza poi tornarci più sopra.
All’interno del libro, un sera, l’avvocato trova un
biglietto con la frase che avete letto all’inizio di questa recensione.
Quella frase rappresenta la svolta del romanzo.
Con quella frase inizia ad aprirsi una voragine
sotto il pavimento di certezze che l’uomo pensava di aver costruito.
Insicurezza, dubbi, titubanze, un’improvvisa
cattiveria si fanno strada nell’animo dell’avvocato.
Inoltre, il risveglio dell’orgoglio arabo ferito, la
gelosia che lo attanaglia, tutto concorre nel modificare il suo comportamento,
mutando il sospetto in fissazione. Seguire la moglie per le strade di
Gerusalemme, controllandone spostamenti e verificando ogni suo passo diventa la
conseguenza più ovvia di tale stato d’animo.
Dall’altra parte, la storia viene narrata in prima
persona da un altro arabo, Amir, il co-protagonista del romanzo. Giovane
assistente sociale, Amir vede la propria vita mutare in seguito all’assistenza
a un giovane israeliano (Yonatan) in stato vegetativo, trovando suo malgrado la
strada per il proprio ingresso nel mondo, seppur contraddittorio, in cui vivono
due realtà diverse come quella araba e quella ebraica.
La contrapposizione esiste, a livello culturale,
economico, umano, questo è indubbio. E allora chi meglio di uno che la vive,
che la conosce per presa diretta, poteva descrivere il dedalo di intrecci e la
straripante fonte di confronto che emerge dalla coabitazione forzata in quei
territori?
Tornando alla storia in sé, alla trama, ho già
detto che essa viene condotta lungo due binari separati con stile, con tono
incalzante.
Pagina dopo pagina, il lettore si chiede
continuamente non solo come andrà a finire, ma il perché dei singoli passaggi,
apparentemente scollegati ma agganciati in un modo lucido fino alla parte
finale.
Infatti i binari, contrariamente al parallelismo
infinito, in questo caso a un certo punto s’incontrano, e quando ciò accade
portano a nuove scosse e modifiche nelle vite dei protagonisti.
Come ciò accada e quale sia il punto in comune
delle due parti della storia non ho alcuna intenzione di rivelarlo.
Sarà bello scoprire da voi, leggendo le pagine di
questo interessante testo acclamato dalla critica e dal pubblico in Israele,
tutto quanto io non vi abbia rivelato (ed è il più, è chiaro).
Così avrete anche il piacere di assaporare il
sorprendente finale.
Concludo con una frase, questa volta di mio pugno:
«Leggere le culture altrui è il modo migliore
per ampliare la propria; leggere le parole altrui è il modo migliore per capire
le persone. Se siete d’accordo con me, non fatevi sfuggire questo libro.
F.to Enzo D’Andrea».
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